Il passaggio dall’Under 18 alla Prima Squadra raccontato da Parlanti Garbero, Piacenza e Speranza

Il sogno di ogni giovane sportivo che si rispetti è quello di completare tutto il percorso di crescita, passando dalle Giovanili alla Prima Squadra della società in cui milita. Così è stato per Edoardo Parlanti Garbero, conosciuto da tutti i suoi compagni come “comodino”, di ruolo tallonatore e da quest’anno studente di Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Torino, Giuseppe Piacenza, seconda/terza linea e futuro studente di Ingegneria Meccanica presso il Politecnico di Torino e Francesco Speranza, diplomatosi all’istituto alberghiero e presto collaboratore presso l’azienda familiare. Tre ragazzi classe 2001 che, in un anno così travagliato, oltre a essersi diplomati sui banchi di scuola sono stati “promossi” anche in campo sportivo dall’Under 18 dell’Itinera CUS Ad Maiora Rugby 1951 alla Prima Squadra. Un salto netto, reso ancora più evidente dallo stop forzato a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Un’interruzione lunga che, però, non ha fatto perdere l’entusiasmo a questi ragazzi che da quando sono tornati sul terreno di gioco si sono allenati duramente.

Abbiamo voluto raccogliere le loro impressioni su questo passaggio di categoria, cercando di capire quali siano stati gli ingredienti del loro successo e quanto sia stato determinante il ruolo della società stessa nel loro percorso di crescita, sportivo e umano.

“Ogni tanto ci fermiamo a riflettere – esordisce Edoardo Parlanti Garbero – per realizzare quanta strada abbiamo fatto per arrivare fin qui. Tanti nostri compagni li conosciamo da anni, alcuni sono stati addirittura nostri allenatori. Adesso giocare con loro, sullo stesso campo, ci darà ancora più carica. Questo, per noi, non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Purtroppo il lockdown non ci ha permesso di arrivare più preparati fisicamente a questo cambio netto della nostra carriera sportiva, ma continueremo ad allenarci con fatica e sudore per arrivare al massimo della forma possibile per l’inizio del campionato”.

“Come già detto da Edoardo – spiega Giuseppe Piacenza – il nostro passaggio in Prima Squadra è un punto di partenza, ma devo ammettere che con la fine del percorso in Under 18 si è chiuso un ciclo durato tanti anni e la soddisfazione di averlo concluso con il botto ci ha reso ancora più felici. Per me il gap fisico è stato il cambiamento più evidente tra una categoria e l’altra. In Under 18 non abbiamo mai fatto tanta palestra e questa differenza con i nostri nuovi compagni si è notata molto sotto questo punto di vista. Un aspetto estremamente positivo che abbiamo potuto notare io e gli altri ragazzi che, come me, hanno effettuato questo passaggio dall’Under 18 alla Prima Squadra è stato il livello di attenzione e riguardo che i nostri nuovi compagni hanno nei nostri confronti in qualsiasi momento dell’allenamento. Si nota proprio quanto ci tengano ad allenarsi bene e a fare in modo che tutti si allenino al meglio per essere più performanti. C’è un grandissimo spirito di squadra al CUS Torino, grande coinvolgimento ed entusiasmo”.

“Io ho iniziato a giocare qui al CUS Torino – dichiara Francesco Speranza – sin dall’età di cinque anni. All’epoca mio padre era un dirigente della società e seguiva sempre i ragazzi della Prima Squadra e portava anche me al campo. Per me quei ragazzi erano soltanto un miraggio, ma quindici anni dopo eccomi qui. Per me è motivo di grande soddisfazione e orgoglio. Il CUS Torino è casa. È sicuramente un luogo dove ti diverti, ma che allo stesso tempo ti forma. Con il passaggio in Prima Squadra sono cambiati tanti aspetti. Prima di tutto l’intensità e il livello del contatto. Me lo aspettavo, ce lo aspettavamo un salto brusco in questo senso. Ci attendono mesi di duro lavoro per crescere di condizione, ma siamo pronti e carichi per questa nuova esperienza”.

In conclusione, si può aggiungere che per il Centro Universitario Sportivo torinese sia di fondamentale importanza accompagnare i propri atleti durante tutto il loro percorso di crescita sportiva, ma anche e soprattutto umana. La soddisfazione, dunque, non è soltanto dei ragazzi, come si è potuto comprendere dalle parole dei tre giovani classe 2001, ma anche della società stessa a dimostrazione di quanto il modello cussino sia più unico che raro nel panorama italiano.